Il rapporto tra l’Europa e il mercato del mobile imbottito si presta all’analisi di diversi aspetti sensibili: la primarietà mondiale dei brand di produzione, la delocalizzazione degli impianti produttivi, la vivacità della domanda interna.
Una recente indagine del Csil rileva che 15 tra i primi 43 produttori al mondo di imbottiti sono europei, con un impatto complessivo sull’export mondiale pari al 30%, secondo solo a quello complessivo dei Paesi asiatici che si affacciano sul Pacifico. Guidano le esportazioni europee nel mondo la Polonia, l’Italia e la Germania, capaci persino di tenere a distanza la Cina.
La flessione della produzione interna nell’ultimo decennio (-14%) è stata parzialmente compensata dal fattore delocalizzazione, che ha visto sorgere numerosi opifici di proprietà europea soprattutto in Asia, dove la disponibilità delle materie prime (legno, rattan, bambù) e il minor costo del lavoro ha mitigato gli effetti della crisi economico-finanziaria, abbattutasi sulle imprese occidentali.
Dal 2011, comunque, la produzione europea di mobili imbottiti ha ripreso a crescere, sino al +7% registrato nel 2016.
Tra i mercati di sbocco, il consumo interno ha occupato e continua ad occupare un posto rilevante, ammontando complessivamente a circa 13 miliardi di euro nel 2016 (+6% dal 2011).
Anche in Europa l’Italia ricopre una posizione rilevante nella soddisfazione della domanda, potendo contare principalmente sui distretti del mobile imbottito forlivese e appulo-lucano. Quest’ultimo, in particolar modo, riproduce competenze artigianali e commerciali consolidate a livello mondiale già da decenni, sia con grandi brand sia con l’indiscussa capacità di penetrazione delle piccole imprese.
L’esperienza di Gabriele Magliola in tal senso testimonia il successo dei marchi del gruppo pugliese Italialiving (oltre al brand omonimo, anche Semplice e Afosofà), con cui alcune catene retail e alcuni player del segmento Contract hanno potuto concorrere a processi di sviluppo del prodotto, in grado di rispondere ai gusti del proprio target locale e alle esigenze di personalizzazione “sartoriale”.
Valga come esempio la recente introduzione di un particolare tessuto di rivestimento dell’imbottito, conforme ai gusti di uno specifico mercato locale. È accaduto con il Libano, ma l’orientamento aziendale è quello di coinvolgere in progetti simili anche altri interlocutori di singoli Paesi europei.
L’attenzione è rivolta principalmente ai Paesi scandinavi, che indicano alle imprese di produzione un driver fortemente definito: la sostenibilità.
Negli outlook del Ministero degli Affari Esteri italiano, la Svezia è il mercato più prospero della regione scandinava, la Norvegia il Paese europeo con il livello più elevato di reddito pro-capite e spesa individuale, la Danimarca mostra una notevole attrazione verso il “vivere bene” italiano (mobili compresi), la Finlandia produce design di alta scuola, ma considera il “Made in Italy” ottimamente complementare alla propria produzione (potenzialmente, le grandi marche lasciano liberi molti spazi interessanti per i prodotti di fascia intermedia).
Con riferimento all’arredamento, tutti questi Paesi sono accomunati da una domanda che predilige legni chiari, colori pastello, semplicità e naturalità dei materiali e delle linee, limitato impatto ambientale. Per gli Scandinavi (tranne che per i Danesi), dunque, preferibilmente l’imbottito non deve essere rivestito in pelle, ma in tessuto. Un’esigenza che apre orizzonti praticabili per il know-how tessile italiano e per lo sviluppo di prodotti completi, capaci di coniugare la sobrietà richiesta dai Nord-Europei con la creatività e il design “Made in Italy”: varietà di fibre, colori e texture in stile, su strutture pulite e lineari.