Chi ha paura della seconda economia del mondo, con tassi di crescita da primato? Forse chi non ha mai pensato a 1 miliardo e 385 milioni di persone come a un immenso mercato invece che come a un agguerrito esercito di competitori.
La Cina del miracolo economico agli occhi dell’Occidente ha il rovescio e il dritto di una moneta: rischio e opportunità insieme. Ma la moneta non va lanciata, sperando che ricada mostrando la faccia giusta. Va ripagata, con taglio uguale e opposto: branding vs anonimato seriale, nicchie vs omologazione, creatività vs conformismo e tradizione.
Per essere più chiari, guardiamo che cosa accade nel settore dell’arredamento.
La crescita progressiva dell’industria del mobile, negli ultimi 20 anni ha trasformato la Cina in un’imponente piattaforma di produzione ed esportazione di arredi: la maggiore del mondo. E anche la domanda interna otto volte su dieci sceglie marchi nazionali, grazie alla loro capillare presenza sul territorio e ai prezzi più contenuti.
Ma in uno scenario in cui le nicchie valgono milioni di consumatori e l’attrazione e la capacità organizzativa dei grandi marchi occidentali possono ancora essere un vantaggio competitivo, l’affermazione di brand stranieri è comunque in trend positivo.
A titolo di esempio, una ricerca di HKTDC riguardante l’andamento del settore nel 2016, cita la notevole espansione in Cina del marchio americano Ashley Furniture e la presenza sempre più forte di Ikea, con 21 negozi e altri 13 in arrivo entro il 2020.
Ciò accade soprattutto perché, nella macro-fetta dei consumatori appartenenti alla classe media, c’è spazio per tutti. Anche per chi arriva dall’estero e sa come proporre stile e qualità in un rapporto ottimale con il prezzo. L’aspirazione al nuovo e al funzionale guida, infatti, il comportamento di consumo dei protagonisti dell’attuale inurbamento, destinato a caratterizzare la vita dei centri di media e medio-piccola entità, laddove il mercato delle grandi città appare invece già saturo.
I dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica attestano un tasso di urbanizzazione del 57,4% nel 2016, con un incremento medio annuo di circa l’1%. I nuovi acquirenti di mobili sono e saranno sempre di più i salariati e gli ex contadini, che – secondo il piano nazionale di edilizia residenziale – entro il 2020 andranno ad abitare 37,6 milioni di vecchie case ristrutturate nei rinnovati centri urbani.
Con un calcolo empirico, sapendo che i Cinesi cambiano i loro mobili mediamente ogni 10 anni e che i nuclei familiari nel Paese sono circa 630 milioni, HKTDC ritiene probabile che, nel prossimo decennio, circa 63 milioni di famiglie all’anno sostituiranno i loro mobili. Ipotizzando che lo faranno per un importo di circa 152 dollari a famiglia, la raccolta complessiva nella decade si aggirerà intorno ai 96 miliardi di dollari.
Anche il segmento del Contract è tutt’altro che trascurabile. I numeri dell’Amministrazione Nazionale del Turismo cinese dicono che il numero di alberghi a cinque stelle nella Cina continentale (sono escluse le isole come Taiwan a altre minori, la cui rivendicazione territoriale è contesa) è quasi raddoppiato in sei anni (da 492 nel 2010 a 809 nel 2016), similmente a quello degli alberghi a quattro stelle, aumentato da 1.817 nel 2010 a 2.367 nel 2016. Il fenomeno genera una domanda annua di mobili del valore di circa 550 milioni di dollari. Ipotizzando la sostituzione degli arredi negli alberghi almeno una volta ogni cinque anni, a fine 2017 l’affare potrebbe registrare un volume di quasi 2 miliardi di dollari.
Rispetto alle caratteristiche di base dei mobili, il nuovo consumatore cinese non transige sull’impiego di materiali eco-compatibili. L’indagine sul campo condotta da HKTDC ha rilevato, infatti, che oltre il 90% degli intervistati pretende un basso impatto ambientale, a tal punto da essere disposto a pagare il prodotto finito mediamente il 14% in più, pur di avere garanzie di assoluta salubrità del pezzo.
Per questo, il valore “ecologia” è entrato anche tra i tratti distintivi di molti brand, che usano fibre lignee a nido d’ape (che permettono una maggiore circolazione dell’aria e disperdono i residui dei trattamenti chimici) e vernici a base d’acqua, soprattutto nei mobili per le camerette dei bambini.