Destinazione 2023. Non è il titolo di un romanzo di fantascienza, ma il limite temporale che il Governo turco si è dato per il raggiungimento di diversi obiettivi di sviluppo della produzione industriale, delle esportazioni e dello stato sociale, soprattutto nel sud del Paese.
La road map verso il traguardo è fatta di ingenti investimenti, destinati soprattutto al contenitore intersettoriale delle infrastrutture e dell’edilizia pubblica.
Nel complesso, il piano di crescita ha riservato ben 5 miliardi di dollari al settore del mobile, indirizzando i maggiori flussi finanziari alla produzione interna e alle esportazioni. Ma, per quanto riguarda il commercio di genere, benefici indiretti sono attesi anche per i prodotti stranieri, ai quali storicamente la Turchia non ha mai chiuso le porte.
È uno dei motivi per cui l’Italia resta un partner di primo piano, al 5° posto tra le provenienze commerciali nel Paese governato da Erdoğan. Infatti, assommando tutti i settori produttivi, la Turchia risulta essere il primo tra i mercati medio-orientali dell’export italiano e il decimo in assoluto. Tuttavia, nel 2016 i ricavi italiani dalla Turchia sono complessivamente calati del 3,8%: 9,6 miliardi di euro contro i circa 10 del 2015.
L’export tricolore di mobili oltre Bosforo, invece, continua a rivelarsi anticiclico. Secondo i dati di ITA (Italian Trade Agency), le esportazioni di arredamento dall’Italia, nel raffronto tra il lasso temporale gennaio-luglio 2016 e il pari periodo 2017, sono aumentate in valore del 13,8%, passando da quasi 24 milioni di euro a poco più di 27 milioni. Ciò ha contribuito a consolidare la rilevante fetta che il mobile italiano occupa in Turchia, pari al 15% delle importazioni di settore dall’estero.
In questo contesto, primeggiano i mobili per ufficio, ma sono le cucine ad avere grandi prospettive. Secondo il CSIL, la stragrande quota del mercato turco del comparto è occupata dalle produzioni artigianali, senza marchio e di bassa qualità. Nel 2015, le aziende che producono e/o commercializzano cucine modulari con brand occupavano il mercato per il 15% dei volumi, compresa la quota apportata dai marchi stranieri (soprattutto italiani e tedeschi), spesso collocati con la mediazione di importatori locali.
Nonostante questa forte concorrenza interna, le cucine italiane trovano ottima accoglienza presso i consumatori turchi più occidentalizzati e con possibilità di spesa medio-alta, generalmente attratti dal design e dai prodotti di qualità Made in Italy. Secondo Aniello Musella, direttore dell’ufficio ITA in Turchia, sono Istanbul, Izmir, Bursa, Ankara e Antalya le città in cui l’acquirente di prodotti italiani non differisce molto dallo stesso consumatore medio italiano, grazie anche alla presenza di grandi centri commerciali e di forme distributive organizzate, che replicano l’impostazione delle catene europee e americane.
Anche l’esperienza in Turchia di Gabriele Magliola è riconducibile ad accordi intrattenuti, in passato, con grandi catene commerciali (Mudo e Tepe Home), anche se per il collocamento di mobili diversi dalle cucine e non prodotti in Italia. Ora i tempi sembrano maturi per le cucine italiane e per l’ingresso di nuovi marchi, come quelli del Gruppo Turi, in grado di soddisfare la voglia di prodotto italiano delle fasce medie e le esigenze di servizio, assistenza e logistica del Contract.
In qualche maniera, sembra che Berloni abbia tracciato la strada già due anni fa, affidando al Gruppo Eczacıbaşı la distribuzione delle proprie cucine sul mercato turco, sia nel Retail sia nel Contract, essendo il colosso turco un player imponente su più fronti, con proprie divisioni specializzate, tanto nel grande commercio quanto nel settore delle costruzioni.