In una famosa canzone italiana del 1957, un certo Martino faceva e rifaceva casette in Canada. Fuori da ogni metafora canzonettistica, il triangolo Italia-Casa-Canada sembra essere proprio il più adatto per indicare la relazione sempre più proficua tra i due Paesi, rispetto allo sviluppo del mercato dei mobili. Quest’ultimo, infatti, è fortemente influenzato dalla notevole espansione dell’edilizia, che registra i maggiori incrementi nell’ambito delle costruzioni di concezione moderna, come loft, open space e case-atelier, spesso ricavate da sofisticate ristrutturazioni.
Secondo il Ministero Affari Esteri italiano, il Canada è il 9° maggiore produttore e consumatore di mobili nel mondo, con una quota di importazione che nel 2014 era pari a oltre 4 miliardi di dollari. Pur trattandosi di un grande Paese produttore, negli ultimi anni la lancetta dell’import-export canadese di settore si è progressivamente spostata verso la prima delle due direzioni. La produzione interna ha subito crisi notevoli soprattutto in Québec, che proprio dall’Italia ha importato componenti e accessori per il completamento delle cucine.
Al di là di questo, la manifattura italiana si è conquistato uno spazio ben più largo, guadagnando il 4° posto tra le provenienze, soprattutto per la soddisfazione del segmento di mercato qualitativamente più elevato.
Secondo la Confindustria di Pesaro, infatti, il Made in Italy è tra le prime scelte degli acquirenti più esigenti, per la sua continua capacità di innovare, nella forma e nel contenuto. I nuovi consumatori canadesi cercano sempre più mobili con alti livelli di design, tecnologia e funzionalità, capaci di rispondere alle esigenze di ottimizzazione degli spazi domestici, senza per questo perdere in comfort.
Anche per le cucine, l’orientamento è verso una raffinata mescolanza di legno, vetro, metallo e pelle, con un taglio moderno delle linee e con soluzioni in grado di unire la bellezza (spesso essenziale) alla praticità.
E le prospettive per l’italian style appaiono oggi ancora più rosee. Un importante grimaldello per allargare la nicchia italiana in Canada, infatti, ha cominciato a fare leva dal 21 settembre 2017, data a partire dalla quale è entrato provvisoriamente in vigore il cosiddetto accordo CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), concluso tra l’UE e il Paese degli aceri e tuttora in attesa di essere ratificato da ciascuno dei Paesi membri dell’Unione Europea.
Il patto di libero scambio introduce una corposa serie di agevolazioni e reciproci riconoscimenti commerciali in tutti i settori merceologici, eliminando nel contempo la quasi totalità dei dazi (customs tariffs).
Per chi esporta arredamento dall’Italia, le misure introdotte dal trattato si traducono nell’abolizione di quell’8% circa di aggravio sinora addossato dalla dogana canadese, andando così a conferire maggiore competitività di prezzo al prodotto italiano, in un mercato che, tra il 2015 e il 2016, lo aveva già fortemente premiato aumentandone il volume di affari da 229 milioni a 285 milioni di dollari.
Presumibilmente, tra i primi ad approfittare del nuovo contesto commerciale ci saranno i produttori di mobili da giardino e imbottiti, che già da tempo sventolano il tricolore in Canada, aiutati dalla rete degli importatori e dei distributori locali, nonché da forme evolute di partnership con i player canadesi (esclusive territoriali, co-design, aree espositive in concessione diretta, franchising).
Il distretto del mobile imbottito appulo-lucano, in questa nuova congiuntura, appare in pole position: istituzioni e organizzazioni di categoria sono già al lavoro per una partenza lanciata.
Per farsi trovare pronte, le imprese esportatrici dovranno registrarsi al REX (Registered Exporter), il sistema degli esportatori registrati, già introdotto dal 1° gennaio scorso per alcuni Paesi e ora richiesto dal 1° gennaio 2018 anche per poter accedere ai benefici del CETA, per beni di valore superiore a 6.000 euro. L’iscrizione al REX è una sorta di autocertificazione d’origine, attraverso la quale l’operatore fornisce le proprie generalità una sola volta, ottenendo un numero REX che varrà come futuro identificativo in ogni tipo di esportazione.