L’Italia è la prima provenienza delle importazioni in Serbia (3,7 miliardi di euro nel 2016) e il primo investitore straniero, con una presenza di circa 600 aziende, una fiche complessiva di circa 3 miliardi di euro e un volume d’affari che supera i 2,5 miliardi.
I dati congiunti del Ministero degli Affari Esteri italiano e dell’Agenzia per lo Sviluppo della Serbia indicano ancora nuovi spazi d’intervento per l’impresa italiana, che ha sviluppato radici serbe soprattutto nel settore assicurativo e delle attività finanziarie.
Nel settore dei mobili, il player italiano stanziale è solo uno. Chi dopo la guerra ha guardato con deciso interesse alla Serbia, infatti, è stato il Gruppo Turi, con i suoi brand Mobilturi D.O.O. e Net Cucine. Nel 2013, il gruppo pugliese aprì uno stabilimento di 2mila mq a Jagodina, portando sul posto il suo know-how quarantennale nella produzione di cucine e l’uso di tecnologie di avanguardia per la lavorazione e lo stoccaggio.
Oggi la sede serba non è solo un insediamento produttivo, ma un hub per la gestione e il controllo dei mercati di sbocco nell’area balcanica (Croazia, Macedonia e Montenegro) – dove numerosi sono i punti vendita che vendono i prodotti Mobilturi e Net Cucine -, con qualche puntatina in Ungheria.
Da Jagodina, inoltre, l’azienda italiana guarda con interesse anche all’accordo trilaterale esistente tra Serbia, Russia e Bielorussia, che potrebbe consentire di esportare in quei mercati senza l’aggravio del 27%, rappresentato dal dazio doganale.
Gabriele Magliola fornisce consulenza e assistenza ai retailers per la maggiore penetrazione del Gruppo Turi nei Paesi target, i quali hanno tutti ancora notevoli prospettive di permeabilità.
In Croazia, l’impulso maggiore al consumo di mobili da cucina è dato dallo sviluppo del settore turistico (residence e case vacanza). La stessa cosa vale per il Montenegro, che in più agevola gli acquisti interni dei privati con un’aliquota iva contenuta (19%) e una ridotta tassazione sulle persone fisiche (tra il 9 e l’11%).
La Macedonia gode del beneficio di una flat tax al 10%, sia sugli utili sia sul reddito personale, nonché di una buona facilità di accesso al credito. In questo Paese, che importa mobili dall’Italia per circa 50 milioni di euro, c’è ancora spazio per i prodotti di fascia media e per quelli a prezzi più contenuti.
L’Ungheria è un mercato particolarmente sensibile al “Made in Italy” e all’importazione di mobili (il 70% dei mobili commercializzati proviene dall’estero). Nel settore, l’Italia mantiene una quota del 5,4% (714,9 milioni di euro nel 2016), venendo dopo la Germania, la Polonia, la Slovacchia e la Romania.